Cani_Bandini/Zoe

CANI
Uno spazio, luogo del quotidiano e del pensiero, dell’abitare e del pensare, reale e simbolico. Due presenze. Due uomini. Due Cani. Due cani di esseri umani.
Cani è un lavoro che gioca sul tentativo di una relazione impossibile, un rapporto duale e individuale, un monologo a due che nasce dalla necessità di sentirsi amati. Una richiesta d’amore in un paesaggio desolato, domestico e selvatico, in cui si evocano ricordi, giochi di un’infanzia perduta. Un dialogo solitario restituito con un dialetto che da “lingua madre” diventa “lingua padre”, un codice emotivo, un linguaggio che è parola cruda e lirica, comica e violenta.
Cani è un lavoro sugli equilibri di potere talvolta distruttivi, talvolta generativi, connessi ai rapporti genitori figli. Natura di un potere che universalmente ci riguarda, ci condiziona fin dalla nascita, come figli, come genitori, come animali di una specie. La scena, scarna, è un bosco dello spirito, una selva domestica, in cui reverberano parole e paesaggi sonori, che risuonano in un grande spazio vuoto del pensiero. L’universo acustico/musicale molto presente nelle ultime produzioni, assume in questo progetto una funzione drammaturgica e immaginativa che evoca la vastità di uno spazio interiore, un spazio in cui il paesaggio sonoro diventa amplificazione di un vuoto dell’anima.
Citando Jean-Luc Nancy «Le parole ‘animale’ e ‘animalità’ contengono una carica selvaggia, indomabile, pulsante, che evoca una estraneità inassimilabile e inadattabile», quindi da un lato questa «estraneità» allontana l’animalità lontano da noi umani, dall’altro rileva la parentela semantica tra animalità e «anima», che sottintende l’equivalenza tra l’animale e «ciò che è animato da un’anima». In questa ridefinizione di umano, si incontra quindi l’animale e tutto ciò che in qualche modo ci anima, sia in senso esistenziale che spirituale, in questo orizzonte di ricerca, l’uomo forse coincide con il Cane, emblema dell’animale addomesticato che ha sacrificato la sua natura selvatica, con un atto di assoggettamento docile e ubbidiente, inserendosi in un legame di dipendenza affettiva ed esistenziale, che è metafora del delicato rapporto tra il padre ed un figlio ferito.
MICHELE BANDINI
Michele Bandini, autore, attore e regista, inizia la sua carriera nel 1999. Ha lavorato come attore diretto tra gli altri da Marco Martinelli, Maurizio Lupinelli, Gigi dall’Aglio, Butch Morris. È co-fondatore con Emiliano Pergolari della compagnia Zoe Teatro nata nel 2002, prodotta dal Teatro Stabile dell’Umbria. Ha partecipato come attore a radiodrammi per Radio Due Rai e per Radio Televisione Svizzera di Lingua Italiana con il regista Sergio Ferrentino. Laureato in Filosofia Estetica, esperto di pedagogia teatrale, lavora con il Festival di Santarcangelo dal 2014 per il progetto non-scuola del Teatro delle Albe e ha realizzato numerosi progetti formativi a Ravenna (non-scuola dal 2004 al 2013), Foligno (Zoe Garage dal 2002), Napoli (Circo Corsaro di Scampia dal 2012). Ha scritto e realizzato progetti teatrali e installazioni sonore, quali Concerto In Se Minore, Landscape#, B-Sogno (il testo di quest’ultimo è stato pubblicato sulla rivista Lo Straniero del mese di Marzo 2014), il radiodramma a puntate La Quarantena del Signor Zut. Come artista e co-curatore è parte del collettivo di artisti umbri Corale dal 2017. È co-curatore dello Spazio Zut, di Umbria Factory Festival e di C.U.R.A. Centro Umbro Residenze Artistiche.
 
 
SPAZIO ZUT
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